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Come nacque La Favola del Giovane Venditore di Tè e altre Storie
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La storia di questo libro comincia una notte di molti anni fa. Non ricordo dove fossi, né che anno era. Ricordo solo che ero scappato dalla finestra verso le quattro del mattino e mi ero diretto al piccolo molo di un lago. Ricordo che c'erano due cigni, che tutto intorno la valle era coperta di nebbia leggera, e che ho fatto il bagno con loro. Poi me ne andai anche da lì. Mi asciugai, presi le mie cose, e mi recai alla stazione. E ricordo che fu lì che scrissi la prima cartolina.

 

Come sempre in questi casi ho la vaga sensazione di essermi inventato tutto. Sono sicuro dei dettagli: l'azzurro della mattina, il fresco che entra dalla finestra poco prima di saltare giù, i cigni che si spaventarono quando mi tuffai in acqua. Sono sicuro che fossi in Svizzera. La cartolina rappresenta il lago di Lugano. Eppure mentre la guardo il sospetto di aver sognato si fa forte.

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Ma forse è semplicemente così che succede; a volte non sai più fare la differenza tra la fantasia e la realtà. Talvolta l'una supera l'altra, talvolta il contrario. E in mezzo ci sei tu, che stai aspettando un treno, non hai dormito tutta la notte, eppure ti senti lucido e fresco come mai. E hai una voce dentro che fa di tutto per uscire. Per questo quella mattina decisi senza troppi indugi di comprare una cartolina e di scriverci sopra una storia in rima.

 

Guardo ancora la cartolina; era il 2005. Avevo 18 anni e l'estate era appena cominciata. Partii per uno dei nostri soliti viaggi in bicicletta, quella volta insieme a mia sorella, Franz e Giacomo. Andammo a Ptuj, in Slovenia, dove si teneva una convention di giocoleria. Ovviamente, una volta arrivati ci innamorammo tutti di qualcuno e come succede in questi casi ognuno tornò per conto proprio. Ricordo che tornai con una certa Ursina, anche lei in bicicletta, che fra l'altro andava in Svizzera. Passammo per la Croazia. È da lì che arrivò un'altra cartolina.

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Foto 1 - Viaggio in Slovenia

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Un giorno forse ritroveremo tutte le cartoline e saremo in grado di ricostruire in quanti posti sia stata scritta La Favola del Giovane Venditore di Tè. Ma non basterebbe comunque a raccontare come e dove sono nate le altre, di storie. Posso provarci, però, basandomi sulla mia memoria così brava a edulcorare eppure così sicura che tutte le immagini che ha conservato, da qualche parte, davvero, le deve aver viste.

 

Anni dopo, in un piccolo appartamento al 141 di Dury Lane, a Londra, scrissi La Favola di Amore e Follia. Ricordo che Giulia non la sopportava, quando la cantavo alla chitarra; diceva che suonava come un cattivo presagio. Ovviamente aveva ragione.

 

Un muto innamorato la scrissi mentre aspettavo il mio turno per buttarmi dalla cima di una montagna, in Savoia. Era la prima volta che mi tuffavo col parapendio e non avevo fatto granché amicizia con i compagni del corso. Non era una questione di lingua, a quel punto il francese ormai lo parlavo bene. Era che non avevo molta voglia di chiacchierare.

 

Cassandra la scrissi invece sui banchi di scuola, anni prima. Ricordo che la professoressa di fisica e matematica non mi bocciò soltanto perché alla fine le mie poesie le erano piaciute. Durante le sue lezioni scrissi anche La scelta di capo Seattle e qualche altra storia, come questa, ispirata a fatti storici o, come quell'altra, ai miti dell'antica Grecia. Dovevo avere circa sedici anni.

 

I due sassolini credo di averla scritta ricordandomi di una lezione di catechismo risalente addirittura alle elementari. La maestra mi detestava, perché avevo un modo di ascoltare le sue, di storie, che non le piaceva. Eppure, ascoltavo, ascoltavo eccome, tant'è che più di dieci anni dopo quel che mi raccontò mi balenò in testa nel mezzo di un'ora buca e fu un attimo metterla in rima.

 

Quando finii il liceo, a forza di ore buche passate a inventare, avevo imparato come si faceva. E cominciai quindi a farlo con più metodo, diciamo, sistematicamente. Mia sorella, a quel tempo, aveva preso a fare dei disegni bellissimi con le macchie del caffè. Mi ispirai alle sue Macchie per scrivere Confessioni di un giudice, La presto mamma, Il drago e la sirena, Il poeta e la musa, e Il fiore e lo scorpione. Leggere queste storie e guardare le macchie mi fa venire una terribile nostalgia.

Gallery: Le Macchie di Carolina

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Perché tutte le cose finiscono, che è poi proprio quello che intendono dire le ultime tre storielle di questo libro. Le scrissi più tardi, quando ormai avevo perso l'ispirazione e mi divertivo per lo più con la metrica. Più tardi, ci fu un piccolo ritorno alla storia in rima quando ero alle Salomone a fare ricerca. Era il 2011, e doveva essere uno di quei pomeriggi afosi in cui di andare in giro a far domande proprio non ne avevo voglia. Avevo invece una voglia matta di Europa, delle canzoni di Brassens, delle favole pitocche. E non ne avevo. Così me ne scrissi una.

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Foto 2 - Scrivo sotto l'albero di mango davanti a casa, Honiara, Isole Salomone

 

La intitolai semplicemente L’uomo, l’asinello, la bambina e il popolo. Non è un gran titolo. Si vede proprio che non ero più immerso in mille mondi come in quell'estate del 2005. Avevo ancora voglia di inventare, ma non ero più posseduto da quella strana voce che ti prende e ti fa scrivere come se non fossi che un mezzo attraverso il quale la vita si esprime. Quanto è bella quella sensazione. Ora che ci penso, è mai più tornata? Forse non tornerà più. Ma quel che conta è che questo libro adesso è qui, a testimoniare che, almeno per un certo periodo, quella sensazione c'è stata, ed è stata fortissima, verissima.  La mia speranza è che, così come le ho raccontate, queste storie possano servire a chi le leggerà, a far sentire anche a loro, ancora una volta, questa strana, bellissima, sensazione.

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